MARIO DRAGHI e la politica monetaria
Egregio Presidente della BCE (banca centrale europea), già Governatore della Banca d’Italia, apprezziamo il suo forte impegno di effettuare una decisa politica monetaria e finanziaria atta a consentire la ripresa economica dei paesi europei, soprattutto delle economie più deboli (Italia, Grecia, Portogallo, ecc.) che soffrono di una crisi pesantissima sia a livello di produzione di beni e servizi sia a livello dei consumi interni.
La sua politica monetaria si basa nell’immettere sul mercato finanziario abbondante liquidità a fronte dell’acquisto di titoli di stato e in ultima istanza addirittura l’acquisto di obbligazioni societarie dove paesi come Germania e Francia ne sarebbero i maggiori beneficiari. Peccato che questa immissione di liquidità con tassi di interesse pari a zero se non addirittura negativi (si incentivano gli operatori finanziari ad accettare liquidità ricevendo anche un guadagno) sia stata assorbita dalle banche la cui loro proverbiale parsimonia a far credito a imprese e famiglie fa sì che la domanda interna ed i consumi ristagnino.
Il Presidente BCE Draghi spera che con il suo intervento di politica monetaria, con il costo del denaro uguale a zero o addirittura negativo, si possa dar fiato all’economia reale. In sostanza spera che imprese private e pubbliche attraverso i vari canali finanziari (banche, assicurazioni, ecc.) possano di nuovo richiedere prestiti a tassi favorevolissimi e fare investimenti produttivi.
Ma le leggi dell’economia non sono così semplici, non vanno sempre secondo i nostri desideri. Se a interventi monetari non si da seguito a interventi fiscali mirati c’è poco da stare allegri. Le imprese difficilmente richiederanno nuovi prestiti per investimenti se prevedono che la loro produzione rimarrà invenduta per mancanza di domanda e le famiglie, a loro volta, torchiate all’inverosimile con tasse, imposte ed aumento dei prezzi non si rivolgeranno al mercato dei beni e dei servizi ma tenderanno a tesaurizzare sempre più i loro modesti redditi. Quanto stiamo dicendo cari incazzati come noi o più incazzati di noi ci viene confermato dagli ultimi dati statistici che ci pervengono da fonti ufficiali e non di parte.
Marzo 2016: gli ultimi dati statistici relativi a gennaio (ISTAT-INPS) pubblicati sui media fanno rilevare che l’Italia è entrata di nuovo in deflazione (i prezzi dei beni calano) e il numero dei contratti di assunzione di lavoratori a tempo indeterminato invece di aumentare da gennaio a causa degli sgravi fiscali sul costo del lavoro (dimezzatisi rispetto al 2015), sta avendo una decisa flessione. Ciò dimostra che a trainare i rapporti di lavoro stabili sono stati i generosi sgravi contributivi concessi dal Governo e non il Job Act tanto decantato da Renzi.
E’ bastato che lo sgravio in parola da 8.060 euro passasse a 3.259 euro che il numero delle assunzioni subisse una repentina frenata. Ma se tali incentivi dovessero cessare del tutto, sembra che perdurino fino alla fine del 2017, quale sarà l’occupazione futura? Le imprese assumeranno ancora?
Come si vede le assunzioni degli ultimissimi anni non sono merito di una economia che tende a crescere per merito della crescita della domanda interna bensì è il risultato di una politica economica drogata dalla decontribuzione previdenziale del costo del lavoro.
In ultima analisi possiamo affermare senza ombra di dubbio che l’attuale politica monetaria di Draghi e la politica economica del Governo Renzi non danno i risultati sperati.
Dopo quello che abbiamo detto rimaniamo ancora più incazzati quando sentiamo le preoccupazioni del Presidente BCE Draghi e di gran parte dei nostri politici ed economisti quando parlano dell’andamento dei prezzi, tendenzialmente in calo, inquieti che l’economia possa andare in deflazione, che propugnano politiche a favore di un innalzamento dell’inflazione, cioè ancora un aumento dei prezzi, indice, secondo tali soggetti, di un aumento della domanda interna prodromo di una crescita della ricchezza e del PIL.
Ma di che stiamo parlando, caro Draghi, caro Renzi ( ma anche gli altri governi che l’hanno preceduta per oltre un ventennio) voi credevate che con i vostri interventi di politica monetaria e fiscale l’economia si sarebbe rimessa in moto: non è così purtroppo, le manovre attuate non funzionano, dopo che gli italiani sono stati “sbancati e impoveriti” delle loro risorse, sono solo palliativi e favoriscono solo i potentati economici come le banche, le assicurazioni, ecc.
Non è forse bastata l’inflazione, cresciuta a dismisura dopo l’introduzione dell’euro, sempre “ridimensionata” dall’ISTAT, causata dalla sconsiderata politica di aumento dei prezzi da parte degli imprenditori di ogni comparto produttivo, (industriale, commerciale, agricolo e dei servizi e delle rendite), ad impoverire tantissime famiglie, molte addirittura andate in miseria?
Non avete già tosato abbastanza i cittadini con le vostre tasse, imposte, gabelle varie, ticket, che colpiscono in primis i redditi da lavoro, da impresa, da capitale, e poi sui consumatori con ulteriori tasse e imposte sulle abitazioni, sulle automobili, sui carburanti, sui servizi sanitari, sui servizi burocratici, bolli su autovetture, su documenti di ogni genere, sui passaggi di proprietà costosissimi su abitazioni, autovetture e quant’altro?
Che dire poi dell’IVA. Su ogni passaggio di merce o di effettuazione di servizio il cittadino paga il 22% in più del costo del bene o del servizio acquisito.
Tale imposta potrebbe addirittura aumentare al 24% nel 2016, al 25% nel 2017 e al 25,5 nel 2018 qualora la spending review prevista dal Governo “ come clausola di salvaguardia” non sarà sufficiente a comprimere la spesa pubblica a livelli stabiliti dall’Europa.
Immaginate cari incazzati come noi, su ogni acquisto i consumatori, che oggi si trovano già gravati del 22% di imposta Iva, potrebbero a breve termine essere ulteriormente spennati di un altro 3,5% passando l’Iva, come detto, al 25,5%.
Inoltre stessa sorte accadrebbe all’Iva agevolata, già alquanto esosa, oggi al 10% (aliquota applicata su interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria su immobili residenziali regolarmente fatturati) che passerebbe al 12% nel 2016 e al 13% nel 2017.
Cittadini consumatori ecco quello che ci stanno preparando i nostri politici (leggi politicanti): ogni acquisizione di beni o di servizi che già sono gravati di un’aliquota altissima ci potrebbe costare ancor di più (un bene di valore 100 ci costerebbe 125): alla faccia della ripresa economica, dell’aumento della ricchezza dei cittadini e dell’aumento dei consumi sempre e tanto declamato.