IL PAESE CHE NON CRESCE
Ci dispiace Signor Matteo Renzi (ultimo affabulatore della politica nazionale) ma quanto va dicendo e blaterando sulla crescita del PIL del paese non corrisponde davvero alla realtà. Malgrado i giuochi di prestigio (gliene diamo merito) che ha fatto per entrare e governare l’Italia e nonostante le cosiddette riforme sul lavoro attuate, di cui non siamo per niente d’accordo, la crescita del PIL nel 2015 (dati ISTAT) di uno 0,6-0,7% non risulta davvero rassicurante e non incide certamente sull’aumento dei consumi dei cittadini.
I cittadini a basso e medio reddito, lo abbiamo già fatto rilevare nei precedenti capitoli, non hanno beneficiato affatto degli interventi governativi, sinora attuati. Lo abbiamo detto: se il Pil non aumenta almeno del 2,5/3,0 anno nessun incremento di ricchezza potrà essere apprezzata e l’occupazione resterà stagnante se non addirittura decrescente.
La sua politica economica sinora attuata caro Renzi non ha prodotto e non produrrà alcun effetto positivo se l’impoverimento del paese continuerà ad aumentare e non si attueranno interventi drastici sulla spesa pubblica: spesa pubblica, come detto, spesso parassitaria e con rilevanti infiltrazioni malavitose e mafiose come i continui scandali corruttivi ormai ci hanno abituato ad assistere.
Sono bastati forse gli 80 euro/mese (960 euro/anno lordi) di aumento (neanche 3 euro al giorno) che Lei ha elargito ad alcune categorie di lavoratori a basso reddito (v. Decreto Legge 66/2014) che percepivano fino a 24 mila euro lordi anno a far risollevare i consumi e quindi la domanda interna degli italiani? NO;
Sono bastati forse gli adeguamenti irrisori sulle pensioni (v. Decreto Legge 65/2015), a seguito della sentenza della Corte Costituzionale di poco oltre le 200 euro l’anno (per trattamenti INPS compresi tra 1405 e 2810 euro lordi a far aumentare i consumi interni del Paese? NO.
Sono bastati forse gli incentivi fiscali alle imprese per l’assunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato consistenti nell’esonero contributivo totale per un periodo massimo di 36 mesi per un importo massimo di 8.060 euro annui (legge di stabilità 2015) e gli incentivi deliberati per il 2016 (legge di stabilità 2016) che prevedono l’esonero del 40% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro per un periodo massimo di 24 mesi per un importo massimo di 3.240 euro annui? NO, tranne modesti assestamenti e minimi incrementi di occupazione.
E’ forse intervenuto a decretare l’annullamento dei vitalizi vergognosi dei parlamentari e di tutte le pensioni d’oro che vengono percepite da ex parlamentari con pochi giorni o poche settimane di mandato? NO.
E’ forse intervenuto il suo Governo contro le scandalose consulenze esterne o contro gli appalti affidati a ditte esterne quando le risorse interne disponibili dei ministeri, delle municipalizzate o di altri enti pubblici non vengono utilizzate e valorizzate? NO.
Se la maggior parte dei lavoratori pubblici con redditi medio bassi, oltretutto spesso tagliati di varie competenze sancite da vecchi accordi sindacali, ha i contratti di lavoro fermi da tantissimi anni; se la maggior parte delle pensioni medie restano senza incrementi per anni;
se moltissimi disoccupati devono barcamenarsi con lavori saltuari e pagati con voucher; se ingenti risorse economiche e finanziarie sono destinate per spese improduttive (tra le quali i soccorsi in mare e in terra per l’imbarco di extracomunitari e profughi); se imposte e tasse continuamente tartassano lavoratori, pensionati e imprese per cui viene incentivata a tutti i livelli l’evasione e l’elusione fiscale come può risollevarsi un paese come il nostro allo stremo?
Gli ultimissimi dati ISTAT del PIL dell’inizio del 2016 che rilevano una crescita appena dello 0,1% (insignificante incremento) ci indicano che lo stato di salute della nazione è precarissima e che gli interventi governativi sinora attuati non riescono a raggiungere il loro obiettivo e non potrebbe essere altrimenti.
Basta pochissimo per avere il paese nuovamente in decrescita e quindi risultare più povero con conseguenze negative sull’occupazione e sui redditi dei cittadini.
I redditi dei cittadini, lavoratori e pensionati, tutti indistintamente, debbono fortemente aumentare per dare una scossa ai consumi interni.
Cari incazzati come noi, la crisi economica imperversa sempre più. Non si è mai vista tanta gente in povertà assoluta, che ha perso lavoro, o che con il proprio misero reddito non riesce più a pagare le bollette delle utenze, che non riesce a far fronte ai debiti pregressi (mutui contratti per l’acquisto di immobili), a fare la spesa ordinaria, a pagare con regolarità gli affitti delle abitazioni e dei negozi, a pagare i debiti con l’amministrazione pubblica (imposte, tasse, multe, sanzioni varie, ecc. col pieno piacere di Equitalia, v. sopra).
Non si è mai vista tanta gente questuare per le strade, cercare tra i cassonetti qualcosa da mangiare, andare nei mercatini locali alla fine della giornata per cercare della frutta o della verdura di risulta pur di mettere nella pancia qualcosa da mangiare. Quanta di questa gente poi si reca presso le varie associazioni di beneficienza tipo Caritas per desinare almeno una volta al giorno.
Con l’introduzione dell’euro e del concambio di valore con la lira (1 euro = 1.936,27 lire) tutti i redditi dei cittadini sono stati convertiti nella nuova valuta. Chi guadagnava 6 o 5 o 4 milioni/lire mese si è visto commutare il proprio stipendio o pensione in circa 3.000 o 2.500 o 2.000 euro/mese, chi guadagnava 3 milioni/lire mese si è trovato ad avere circa 1.500 euro mese, chi percepiva 1,5 milioni/lire mese il concambio attribuiva circa 750/euro mese e chi riceveva 1 milione di lire mese il nuovo valore percepito era di circa 500 euro mese e così via.
Cari incazzati come noi i redditi suddetti commutati in euro potevano essere percepiti sia da soggetti monoreddito che da più componenti familiari (marito e moglie lavoratori o pensionati) e il concambio valutario introdotto consentiva e doveva mantenere invariato il potere d’acquisto dei cittadini, che tutto sommato potevano fare con le lire una vita dignitosa o quasi dignitosa, invece ha scatenato l’armata dei profittatori.
Tutti i prezzi dei beni e dei servizi, in precedenza esposti in lire, in brevissimo tempo esibiti in euro hanno fatto sì che il potere di acquisto degli italiani si dimezzasse: un bene che si metteva in vendita a 1.000 lire improvvisamente lo si esibiva a 1 euro (circa 2.000 lire).
Col tempo i prezzi di moltissimi, beni per non dire tutti, non solo sono raddoppiati ma triplicati, quadruplicati, decuplicati a cominciare dai beni primari come la frutta e le verdure, il pane, il latte, i latticini, i prodotti di salumeria, di macelleria, di pescheria, materiali di ferramenta, falegnameria, idraulica, elettricità, ecc. I prezzi dei prodotti offerti da bar, pizzerie, pasticcerie, ristoranti non sono forse lievitati come non mai?
Che dire poi dei prezzi dei servizi alla persona e quelli offerti dagli artigiani: barbieri, parrucchieri, elettricisti, idraulici, falegnami, meccanici, gommisti, elettrauti che non battono quasi mai uno scontrino o rilasciano una ricevuta.
Poi ancora l’aumento delle utenze domestiche (luce, acqua, gas, telefonia), dei trasporti, delle rendite (affitti, noleggi ecc.) e per proseguire l’incremento dei prezzi degli elettrodomestici, delle autovetture, delle abitazioni ecc. divenuti insostenibili e chi più ne ha più ne metta, compresi i costi lievitati dei servizi assicurativi e bancari, truffe a parte sui risparmiatori (spennati oltre misura senza vergogna) come i recenti scandali hanno portato in evidenza.
Non si può poi non parlare dell’ impoverimento dei redditi dei cittadini dovuti alla riduzione del welfare state (stato sociale), per cui servizi sociali prima garantiti dallo stato oggi sono a carico, in tutto o in parte, delle famiglie: in primis per importanza la Sanità che ha tagliato molte prestazioni prima gratuite o a pagamento ridotto e oggi quasi tutte privatizzate stante i tempi lunghissimi di attesa per sostenerle con il sistema sanitario nazionale (analisi, prestazioni rx, ecografiche, Tac, RMN), ed ha costretto, riducendo il numero dei medicinali a disposizione gratuita, molti cittadini a pagarseli di tasca propria così come ha incrementato anche il costo dei ticket delle ricette.
E i costi, a suon di centinaia di euro a visita dei cosiddetti luminari della medicina e delle prestazioni dei dentisti li vogliamo celare?
Non se ne parla ma sembra che nel 2015 ci sia stato un aumento notevolissimo di decessi di persone anziane (175.000 soggetti) dovuto all’impossibilità di poter far fronte alle cure sanitarie per mancanza di reddito. Se fosse confermata tale notizia sarebbe di una gravità eccezionale considerato che l’art. 32 della Costituzione afferma che “ la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti…..”
Non ci dilunghiamo oltre su questo argomento dato che già più ampiamente ne abbiamo parlato.
Quello che dobbiamo ribadire e riaffermare è che l’impoverimento dei cittadini è stato causato soprattutto dalla classe imprenditoriale, nessuna esclusa (piccola, media e grande), la sola responsabile della crisi economica italiana (insieme allo stato e agli enti territoriali colpevoli di aumenti di tasse e imposte e della contemporanea riduzione dello stato sociale), la quale ha fatto lievitare i prezzi dei beni e dei servizi in modo insostenibile e svuotato in sostanza le tasche degli italiani.
La stessa classe imprenditoriale piange oggi lacrime amare perché non riesce più a vendere i propri prodotti dato che i consumi rimangono stagnanti provocando oltretutto crisi a se stessa e licenziamenti dei propri dipendenti. Il cane che si morde la coda. La domanda interna non si riprenderà certo nel breve periodo se il potere di acquisto dei cittadini non verrà ripristinato come era ante euro. Abbiamo fortissimi dubbi che ciò avvenga.